11 luglio 1995, oggi, 22 anni fa, Srebrenica, genocidio dei musulmani bosniaci. Il più grande massacro avvenuto in Europa dalla fine della Seconda Guerra Mondiale ad oggi.
Tra gli 8000 e i 10.000 ragazzi e uomini, tutti tra i 14 e gli 78 anni, furono trucidati dalle forze serbo-bosniache sotto gli occhi del contingente ONU olandese, che avrebbe dovuto proteggerli. Uomini inermi, che non avevano possibilità di difendersi e difendere le proprie donne e bambini dopo aver deposto le armi nell’ambito di un patto ONU
Erano europei musulmani, vittime di quella pulizia etnica e religiosa che mise fine all’esempio jugoslavo di convivenza interetnica e interreligiosa nel cuore dell’Europa, continuazione in qualche modo della via ottomana. Il tramonto del caso jugoslavo sancisce la fine della più significativa esperienza di convivenza europea tra musulmani e cristiani europei dopo la Reconquista, che bonificò l’Europa da musulmani e iniziò con gli ebrei l’opera portata a termine dai nazisti.
La politica occidentale, che non ha esitato a bombardare la Serbia, a smembrare la Jugoslavia facendo leva sui diversi nazionalismi, a Srebrenica non ha alzato un dito per fermare il genocidio. Per Olanda, Francia, Stati Uniti e Gran Bretagna la Jugoslavia era a pezzi, missione compiuta, i musulmani pedine sacrificabili e chissà, forse il lavoro sporco svolto da Mladic per niente sgradito.
Rileggere la storia di quei giorni è come ricevere un violentissimo pugno nello stomaco, mettere a confronto il dolore straziante che emerge dai ricordi vividi delle vittime con la ricostruzione agli atti processuali che parlano di un susseguirsi di ordini non dati, malintesi, comunicazioni mai pervenute, caccia da guerra che inspiegabilmente perdono la rotta in un turbinio di ostruzionismo tanto diabolico e vigliacco quanto carico di intenzioni.
In un contesto di crescente sentimento anti-islamico, è importante ricordare che i musulmani europei sono stati vittime dell’unico genocidio degli ultimi 70 anni nella sostanziale indifferenza della nostra Europa che ogni giorno si vanta della propria superiorità morale e che tutto ciò non accadde da un giorno all’altro ma come sempre avviene fu preceduto dalla demonizzazione dell’altro ritratto come invasore, traditore, corpo estraneo da espellere o annientare.
Ricordare Srebrenica oggi è necessario, più che mai.
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